Gli scienziati pronti a testare sugli uomini peni coltivati in laboratorio

La ricerca mira a sviluppare gli organi per aiutare i pazienti che hanno anomalie congenite o che hanno subito un intervento chirurgico per il tumore aggressivo o lesione traumatica.
I ricercatori del Wake Forest Institute Medicina Rigenerativa a Winston – Salem, finanziato dalle Forze Armate degli Stati Uniti, stanno verificando l’organo riproduttivo maschile sotto l’aspetto della sicurezza, funzionalità e durata, sperano di ricevere l’approvazione dalla Food and Drug Administration per passare alla sperimentazione sull’uomo entro cinque anni.
Il professor Anthony Atala, direttore dell’istituto, chirurgo urologico pediatrico, ha iniziato il suo lavoro nel 1992 per aiutare i bambini nati con anomalie genitali, ora on il suo team stanno lavorando su trenta diversi tipi di tessuti e organi, compreso il rene e cuore. Insieme ai suoi bioingegneri ha già trapiantato la prima vescica umana nel 1999, la prima uretra nel 2004 e la prima vagina, nel 2005. Il team nel 2008 ha sperimentato con successo il pene per il coniglio, ha detto:
«Lo studio sui conigli è stato molto incoraggiante, ora per ottenere l’approvazione per gli esseri umani abbiamo bisogno di verificare tutti i dati di garanzia della sicurezza e della qualità per assicurare l’utilizzo di materiali non tossici, precisando passo dopo passo tutto il processo di produzione.
Il pene per evitare il rischio di rigetto immunologico dopo il trapianto d’organo da un altro individuo, dovrebbe essere coltivato con le cellule del paziente. Le cellule prelevate dal resto del pene del paziente devono essere preparate in coltura per quattro-sei settimane.
La procedura per la struttura prevede il lavaggio del pene del donatore in un detergente delicato per rimuovere tutte le sue cellule. L’impalcatura collagene del pene è pronta dopo due settimane, a questo punto si “seminano” le cellule coltivate del paziente, le cellule muscolari lisce, poi le cellule endoteliali che rivestono i vasi sanguigni. Poiché il metodo utilizza cellule specifiche del pene di un paziente, la tecnologia non sarà adatta per un intervento chirurgico di cambiamento del sesso femminile a quello maschile. Il nostro obiettivo è di ottenere gli organi per i pazienti con lesioni o anomalie congenite, compresi i soldati che subiscono lesioni in campo di battaglia».
Asif Muneer, un chirurgo urologico consulente e andrologo presso l’ospedale University College di Londra, sulla possibilità di un pene coltivato in laboratorio ha detto:
«La tecnologia, in caso di successo, offre un enorme progresso rispetto alle strategie terapeutiche attuali per gli uomini con carcinoma del pene e le lesioni traumatiche, allo stato attuale possono avere un pene ricostruito utilizzando un lembo del loro avambraccio o coscia, con una protesi del pene impiantato per simulare l’erezione. La mia preoccupazione è che possano lottare per ricreare un’erezione naturale. La funzione erettile è un processo neurofisiologico coordinato dal cervello, quindi mi chiedo se possono riprodurre quella funzione o se questo è solo un miglioramento estetico. E’ questa la sfida».
Il professor James Yoo, un collaboratore del professor Anthony Atala presso il Wake Forest Institute, sta lavorando sulla bioingegneria e sostituzione di parti del pene per contribuire a trattare la disfunzione erettile. Il suo focus è sul tessuto erettile spugnoso che si riempie di sangue durante l’erezione, ciò permette al pene di allungarsi e irrigidirsi. Disturbi come la pressione alta e il diabete possono danneggiare questo tessuto, renderlo meno elastico non permettendo al pene di riempirsi completamente di sangue. Se siamo in grado di progettare e sostituire questo tessuto, gli uomini in difficoltà potranno avere nuovamente le erezioni».

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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