Antica pittura romana rimasta sepolta sotto la cenere vulcanica per quasi 1.800 anni ha appena rivelato la sua vera bellezza (Foto)

Gli scienziati hanno utilizzato un nuovo tipo d’immagini ad alta risoluzione per dare vita a opere d’arte, risalenti a una delle più famose eruzioni vulcaniche della storia quella del Vesuvio nel 79 dC.
L’eruzione è più spesso associata alla distruzione dell’antica città di Pompei, ma anche Ercolano è stata  sepolta da venti metri di materiale vulcanico, che ha interamente coperto le opere d’arte della città, compreso il delicato dipinto di un’antica donna romana che gli strati di cenere vulcanica e lava hanno conservato per secoli.
Sfortunatamente, gli scavi della seconda metà del XIX secolo hanno notevolmente degradato la qualità di questi capolavori. L’umidità, i cambiamenti di temperatura, il sale e altri agenti atmosferici hanno causato grandi danni agli affreschi, dipinti e statue che negli anni sono state scoperte dagli archeologi e recuperati dalla cenere.


Il ritratto della giovane donna romana è stato portato alla luce 70 anni fa, all’epoca probabilmente era ancora un bellissimo reperto, ma l’esposizione agli elementi l’ha notevolmente degradato, al punto che negli ultimi anni è diventato impossibile vedere a occhio nudo il ritratto sulla tela.
Gli scienziati in uno studio presentato alla riunione ed esposizione nazionale dell’American Chemical Society, hanno spiegato come un’innovativa tecnologia a raggi x abbia permesso loro di salvare la giovane donna dal decadimento.

Portare la donna alla vita
I ricercatori hanno utilizzato uno strumento per la scansione e l’analisi del dipinto, chiamato macro analisi di fluorescenza a raggi X (MA-XRF), un metodo relativamente nuovo. Sottoposti ai raggi X i diversi pigmenti emettono fluorescenza in modo specifico. Questo permette di determinare la composizione chimica della superficie e degli strati sottostanti. Attraverso la scansione di tutto il dipinto con un fascio di raggi X, è possibile visualizzare un’immagine ridipinta. E’ un metodo particolarmente utile perché non invasivo: il quadro può essere analizzato senza che il dispositivo lo tocchi e senza spostarlo.
E’ interessante per i conservatori d’arte il fatto che il dispositivo può mappare anche gli elementi chimici che rimangono presenti nella pittura, come il ferro, il piombo o il rame.
Eleonora Del Federico, scienziata del progetto di conservazione dell’Herculaneum, ha lavorato a questa ricerca, ha detto:
«Il dispositivo potrebbe aiutare i conservatori di opere d’arte a scegliere solventi di pulizia compatibili con gli elementi di una pittura e forse permettere di ripristinare gran parte della sua originale magnificenza.
I ricercatori utilizzando la tecnologia per individuare il tipo di elementi chimici nel quadro, sono stati in grado di recuperare molti dettagli, hanno scoperto che l’artista per disegnare la donna aveva usato un pigmento a base di ferro. I suoi occhi furono poi evidenziati con un pigmento di piombo. C’erano anche alti livelli di potassio identificati vicino alle guance della donna, il che indica che un verde pigmento di terra è stato probabilmente usato come un primo strato di pittura per contribuire a creare un colore “carne”.
La scienza ci permette di avvicinarci alle persone che abitavano a Ercolano, osservando i dettagli di dipinti murali che non sono più visibili a occhio nudo, in sostanza possiamo riportare in vita antichi popoli. I materiali e le tecniche utilizzati ci aiuteranno a preservare meglio quest’arte per le generazioni future.
Il nostro studio su questa giovane donna ha rivelato il dettaglio della sua umanità, la sua premurosa espressione e la sua bellezza».

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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